Il Gran Cacabul

Il Gran Cacabul è l’ultimo titolo che Massimiliano Frezzato aveva dato a un lavoro su cui ritornava da tempo. Una storia che a volte si palesava semplice come una fiaba e a volte complicata quanto la vita stessa. La verità è che, in quanto fiaba, essa racchiude in sé – come i miti antichi e moderni – tante altre storie, o versioni, e che Frezzato le stava percorrendo tutte.
Ripresa più volte dopo la prima stesura, nell’ultima versione aveva assunto la struttura di una matrioska infinita o ciclica: una storia che ne conteneva altre che ne contenevano altre ancora, e allora “Max” non ha esitato a illustrarla in un modo che solo lui poteva: a “fumetti”, generando un’opera – un’Opera rock a fumetti, si potrebbe dire – che, per lunghezza e spettacolarità, può avere un confronto solo con il suo primo capolavoro, I custodi del Maser, con il quale voleva simbolicamente chiudere un cerchio. E nonostante Il Gran Cacabul sia incompiuto, il paragone sembra reggere: dalle matite, anche quelle appena abbozzate, traspare la sicurezza della maturità, dalle immagini finite, pagine intere o semplici vignette, traspare la visione nitida di una storia enorme. Una storia “infinita”, in molti sensi, così come piaceva a lui, a volte ironico e profondo come Kafka eppure ostinatamente bambino.
A noi non resta che guardare e dare ancora altre storie alle sue immagini. Perché è questo che in fondo ha sempre fatto Massimiliano Frezzato: come i grandi artisti visionari, più che fornire immagini a una storia, dava una storia da far indossare alle immagini che creava.